Alessia Pifferi: limousine, finto battesimo e la perizia psichiatrica

Le udienze del processo ad Alessia Pifferi, accusata di aver lasciato morire di fame la figlia, proseguono. Da alcune chat di WhatsApp tra la Pifferi e l’autista della limousine è emerso che la vettura di lusso era stata affittata per portarla da Leffe (BG) a Milano il giorno in cui la figlia è morta e che l’aveva nuovamente prenotata per la stessa sera, con destinazione Leffe
Per coprire le spese di questi lussuosi trasporti, aveva inventato il finto battesimo della figlia Diana e aveva ricevuto denaro in regalo da vicini e amici, ma senza averlo mai organizzato. Oltretutto non ha mai fornito alle persone che hanno donato i soldi, foto riguardanti l’evento.

Qui di seguito il primo video dettagliato.

Nell’aula del processo in cui è imputata Alessia Pifferi, si è verificato uno scontro. Secondo la procura, la 38enne, in custodia dal luglio 2022, non avrebbe avuto alcun problema mentale che giustificasse una perizia psichiatrica. Tuttavia, la Corte d’Assise di Milano, in virtù di dubbi sorti, ha deciso di assegnare la perizia, accogliendo la richiesta dell’avvocato di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani. L’obiettivo della perizia è stabilire se, al momento del reato, la donna avesse la capacità di intendere e volere e se rappresentasse una potenziale minaccia per la società.

Secondo video udienza 10 ottobre.


Secondo il pm Francesco De Tommasi, la donna, Alessia Pifferi, non soffre di disturbi mentali ma ha dimostrato un “atteggiamento scellerato” e avrebbe sempre avuto piena “consapevolezza” delle conseguenze per la piccola Diana. Dall’altra parte, la difesa sostiene che la donna ha un quoziente intellettivo comparabile a quello di una “bimba di 7 anni“.

Il pm ha ribattuto affermando: non voglio essere preso in giro, questa signora non ha alcun problema mentale e ha agito in modo scellerato nei confronti della figlia. Un quoziente intellettivo di 40 implica che non sarebbe stata in grado di comunicare nulla nelle precedenti udienze. Tuttavia, durante il suo interrogatorio davanti ai giudici, ha fornito risposte chiare, esprimendo dichiarazioni sconcertanti. Ha dichiarato di essere “consapevole” di quanto aveva fatto e che immaginava che il “biberon” e il “teuccio” che le lasciava a disposizione, bastassero.

Il perito incaricato è Elvezio Pirfo, e la perizia avrà inizio il 13 novembre. In passato, l’esperto ha già affrontato casi noti, come quello di Alberto Scagni di Genova condannato con l’accusa di un disturbo mentale parziale per aver ucciso sua sorella. Circa vent’anni fa, lo stesso, seguì il caso di Annamaria Franzoni di Cogne. In base alle conclusioni del perito, se la Pifferi venisse dichiarata incapace e non imputabile, potrebbe essere assolta per motivi di disturbo mentale e, se ritenuta socialmente pericolosa, potrebbe essere collocata in una struttura psichiatrica. Altrimenti, se venisse riconosciuto un disturbo solo parziale, la donna potrebbe ottenere una riduzione della pena. In caso contrario, se il perito confermasse le affermazioni della procura, Pifferi rischierebbe una condanna all’ergastolo, che è quello che si augurano tutti.

Inoltre è notizia di pochi giorni fa che l’avvocato di Alessia Pifferi ha rivelato che la madre e la nonna della bimba hanno affittato l’appartamento, dopo un’accurata bonifica, dove si è verificata la tragedia. La casa, situata in via Carlo Parea, a Porto Lambro, Milano, è stata affittata a tre persone ed è di proprietà della madre della Pifferi, ed è stata la residenza della figlia fino al giorno dell’arresto, quando la piccola Diana ha perso la vita. La controversia riguarda i proventi dell’affitto, che secondo l’avvocato della difesa, dovrebbero spettare anche alla sua assistita. Per ora l’avvocata non ha ancora inviato la raccomandata per la richiesta, ma è ben intenzionata. Inoltre la sua assistita è nullatenente e disoccupata (non lavora in carcere) per cui avrebbe diritto ad una quota legittima del canone di affitto dell’appartamento.

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Luisa Fascinelli